Presentazione MetJazz 2023
MET JAZZ 2023 Tradizione e innovazione
direzione artistica Stefano Zenni
Cos'è la tradizione? E cos'è l'innovazione? Ogni cultura e ogni epoca hanno plasmato questa dialettica in modi diversi. Pensiamo a come tra XX e XXI secolo siamo passati dal rifiuto assoluto del passato (il futurismo e le altre avanguardie) all'indifferenza per la tradizione (il postmoderno) alla cosiddetta “retromania”, ovvero alla nostalgia per il passato. In verità la musica afroamericana si nutre di un diverso rapporto tra tradizione e innovazione: l'innovazione non supera la tradizione, non è più “moderna”, perché la tradizione è parte integrante dell'innovazione, ne è un valore attuale, sempre da rinnovare. In parole povere, tradizione e innovazione sono sempre compresenti, e la tradizione non è un’eredità statica del passato, ma una fonte di ispirazione palpitante, vivente (“changing the same”, avrebbe detto Amiri Baraka). In quanto musica che si è ibridata con l'estetica occidentale, ovviamente il jazz ha assorbito anche lo spirito delle avanguardie europee e le trasformazioni degli ultimi decenni. MetJazz 2023 prova a fare il punto di questa ricchezza di approcci, tra Europa e Stati Uniti, riunendo in otto concerti un ventaglio di esperienze storiche e attuali, di maestri e di allievi, di tradizione e innovazione, di ripensamento delle eredità stilistiche e culturali per creare una musica nuova, che sappia parlare al presente mentre si nutre del passato. La presenza chiave è quella di un gigante, Peter Brötzmann, musicista rivoluzionario, innovatore radicale, che ha attraversato più di quarant'anni di carriera nel segno della coerenza e dell'assenza di compromessi. Superata la soglia degli ottant'anni, ora affiora quel legame col passato mai realmente reciso, che rende Brötzmann una presenza monumentale nella scena mondiale. Che viene messo a confronto con l'emozionante duo di Tononi e Parrini, all'apparenza incongruo (percussioni e violino), in realtà perfettamente integrato e ricco di soluzioni fantasiose, frutto di quella libertà di cui proprio Brötzmann è stato l'alfiere. Anche dalla tradizione più lontana può scaturire musica nuova: è riuscito a Mirco Rubegni, che immerge in Louis Armstrong nei suoni contemporanei - elettronica, groove funky, improvvisazioni collettive - per farlo riemergere completamente cambiato. O Gaia Mattiuzzi, astro luminoso della nostra vocalità, che da raffinata compositrice disegna con sonorità contemporanee paesaggi sonori che hanno un sapore di molte tradizioni mescolate. Leonardo Radicchi e il trio Anokhi sembrano invece due facce della stessa medaglia: il primo vede la musica come prolungamento dell'impegno civile, come una forma di intervento nel presente, consapevole della storia ma orientato a mutare gli equilibri in gioco; l'altro si rispecchia nel passato con classicità, ma rinnovandolo con piccoli scarti, con quelle sottili differenze che portano il passato dritto nel presente.
In questa ottica MetJazz continua il suo dialogo con le istituzioni del territorio, da Musicus Concentus (“Tradizione in movimento” è non a caso il suo motto) alla Scuola di Musica Verdi, il cui scopo è proprio formare il futuro studiando il passato. A queste si aggiunge il Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, sede ideale per esplorare la contemporaneità, dove il sassofonista Dario Cecchini dialogherà, in completa solitudine, con i fantasmi della storia del sassofono e gli echi di suoni del passato che diventano vivi nel presente.
Stefano Zenni