Orchestrando piano (e chitarra)

direzione artistica Stefano Zenni

Una delle grandi rivoluzioni del jazz ha investito l’uso degli strumenti, il suono che viene prodotto, gli interventi sulla meccanica, l’alterazione del timbro. Una necessità di modificare il colore che nasce da un diverso senso della bellezza, di ascendenza africana, per cui il suono dello strumento va modificato o arricchito, perché così esso manifesta una natura che altrimenti rimane occulta. Trasformando il suono dello strumento, un’altra voce, prima inudibile, prende la parola.
Data la natura meccanica e complicata del pianoforte, la trasformazione del suo suono è questione più complessa. Eppure i pianisti jazz hanno creato nuovi universi timbrici, armonici, percussivi sul pianoforte, universi che MetJazz esplora sul versante della trasformazione da uno strumento all’altro. Ecco allora il Koro Almost Bass Quintet che, forte dell’intelligenza degli arrangiamenti di Cristiano Arcelli e dei formidabili musicisti che lo compongono, vince la sfida di tradurre l’idiomatico pianismo di Monk nel suo opposto: un ensemble di soli fiati. Oppure, in chiusura di festival, il meraviglioso progetto del giovane arrangiatore Gerardo Pepe, che ha proiettato su un ensemble allargato (ricco di giovani, travolgenti solisti) strutture, fraseggi, sonorità delle composizioni dei grandi pianisti jazz.
Naturalmente è necessario confrontarsi anche con il suono puro e semplice dello strumento, a cui è dedicato un doppio set: prima con il giovane Alessandro Lanzoni, che omaggia Bud Powell, forse il più influente innovatore del pianismo moderno, a cento anni dalla nascita, poi con la grande pianista svizzera Sylvie Courvoisier, in esclusiva italiana, forte del suo bagaglio contemporaneo che spazia da Stravinskij a John Zorn.
L’altro strumento scelto per MetJazz 2024 è la chitarra: acustica o elettrica, è stata per un po’ ai margini degli interessi del pubblico, ma dagli anni Ottanta ha conosciuto una rinascita. Uno dei protagonisti di questa felice stagione è Marc Ribot, protagonista (come la Courvoisier) di quella scena downtown newyorkese degli anni Novanta che ha spettinato tutta la musica di fine secolo. Di recente Ribot ha anche pubblicato un divertente libro di pensieri e ricordi, che lui stesso presenterà al festival. La chitarra definisce anche il suono del quartetto di un maestro del jazz italiano, Claudio Fasoli, assente da troppo tempo da MetJazz, che nella sua concezione ariosa e lirica della musica ha fatto del colore strumentale un ingrediente indispensabile.
Colore strumentale che è alla base delle due formazioni più ampie, il sestetto di Nico Gori, con la sua ricca tavolozza timbrica, e Planetariat di Danilo Blaiotta, nuovo talento del pianoforte e della composizione, che intreccia parola poetica, suoni acustici ed elettronica.
Anche in MetJazz Off spiccano la chitarra e il pianoforte: nello scabro duo di Biagio Marino e Zeno De Rossi, e nella conferenza sul pianoforte jazz come strumento a percussione.
Come sempre, il programma di MetJazz è realizzato con spirito di collaborazione con diverse istituzioni del territorio, da quelle storiche come Musicus Concentus, Scuola di Musica Verdi e Biblioteca Lazzerini, alla nuova realtà del centro di produzione Toscana Concerti. La scena del jazz in Italia è in pieno fermento e MetJazz è parte del coro orchestrale, “orchestrando piano”.

 

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